Nella sala dello Scriptorium del Monastero di Fonte Avellana
25 gennaio 2020
Anzitutto porgo il mio saluto più cordiale e riconoscente a tutti loro presenti a iniziare dal Consigliere Gino Traversini in rappresentanza del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, dall’Assessore, dall’ad della Svim Gialuca Carrabs, dal Sindaco Ludovico Caverni di Serra S.Abbondio, dal Presidente del Parlamento Europeo David Maria Sassoli, dal Prof. Antonio Guerci Presidente delle Sei Cattedre Universitarie UNESCO Italiane e dall’Arch. Giovanni Perotti, Cattedra Unesco dell’Università di Genova e Referente del Progetto UNESCO per il riconoscimento di Bene Immateriale Universale del “Codice Forestale Camaldolese”.
L’incontro di oggi lo ritengo frutto di una storia, iniziata nell’anno 1989, quando scrissi la prefazione al libro scritto dal Dot. Simone Borchi sulla Foresta di Camaldoli, prefazione in cui ho espresso quanto la tradizione camaldolese tramanda nei confronti del rapporto Uomo/Ambiente partendo dalla storia segnata da quella foresta che per 856 è stata custodita dai monaci che a loro volta erano da essa custoditi. Un rapporto di attenzione vitale che rendeva interagenti Uomo – Montagna – Pianura. Il libro arrivò anche nelle Marche, tra le mani di attenti lettori responsabili di gestioni ambientali regionali, quali, tra loro, il qui presente Adriano Cardogna che può testimoniare quanto dico, oltre a Teodoro Bolognini che ci ricorda da lontano.. Nel frattempo io da Camaldoli mi ero trasferito nelle Marche, nel Monastero di Fonte Avellana. Una simpatica occasione ci fece incontrare (festa della Montagna a Serra S.Abbondio) nel 1994. L’incontro, partito dal libro, ha reso manifeste le istanze comuni evidenziate da un Appennino considerato fino allora “Zona depressa”. La domanda comune era: “come fare per trasformare l’Appennino da problema a opportunità?” E fu così che cominciò ad affacciarsi l’idea, chiaramente vaga, dell’elaborazione di un documento programmatico che proponesse l’Appennino all’attenzione non solo delle politiche regionali ma anche nazionali. Due anni dopo, nel maggio del 1996, qui a Fonte Avellana, fu proclamata e firmata la Carta detta appunto “di Fonte Avellana”, presentata dalla Giunta Regionale delle Marche, presieduta dall’Avv. Vito D’Ambrosio. Da quell’anno l’Appennino è entrato nella Relazione di fine anno del CNEL al Parlamento Italiano.
In uno dei vari convegni susseguiti, con i Firmatari della Carta, con i Membri operativi del Consorzio Marche Verdi, con la Cooperazione Forestale, con il Presidente e Vicepresidente Nazionale delle Comunità Montane, ebbi modo di esternare il mio vecchio sogno camaldolese di poter individuare quella “galassia” di documenti sparsi nei vari Archivi italiani, che testimoniano il quasi millenario lavoro dei monaci nella foresta appenninica, lavoro venuto meno con la Soppressione Sabauda del 1866. Documenti dunque sequestrati dal Demanio e sparsi in Archivi Statali, Privati, oltre a quelli recuperati dal Monastero dopo il Concordato del 1931. Mi venne dunque fatta la proposta di presentare quel “sogno” agli Stati Generali della Montagna che si sarebbero tenuti al Lingotto di Torino in previsione della dichiarazione dell’Anno per la Montagna indetto dall’Europa per il 2002. Fu così che al Lingotto la mia presentazione del “sogno” fu subito accolta dal Dot. Antonio Ciaschi, direttore dell’IMONT che mi propose, detto fatto, una Convenzione con il Collegium “Scriptorium Fontis Avellanae” che era nato a Fonte Avellana nel 1997 su suggerimento dei Proff. Gianfranco Salvini, Antonio Guerci e Paolo Rossi. Frutto di quella Convenzione è il volume “Il Codice forestale camaldolese, legislazione e gestione del bosco nella documentazione romualdina d’archivio” (anno 2004).
Dopo il commissariamento dell’IMONT, il Dot. Giuseppe Blasi mi mise in contatto con il Direttore Generale dell’INEA e fu firmata una Convenzione con Decreto Ministeriale del 2009 che permise al Collegium di avviare la sognata ricerca, coordinata dal Dot. Raoul Romano. Un lavoro quanto mai complesso che, nell’arco di tre anni, ha fruttato l’individuazione e la digitalizzazione di oltre 45.000 documenti. Si tratta di un patrimonio che testimonia un’Etica Uomo/Ambiente di straordinario valore ecologico la cui attualità è ben comprensibile. Quattro volumi sono stati pubblicati a cura di Raoul Romano e la collaborazione delle Università di Ancona e di Padova, con Carlo Urbinati, Sonia Marongiu e Fabio Di Pietro: 1) “CODICE FORESTALE CAMALDOLESE, Le radici della sostenibilità”; 2) “FORESTA E MONACI DI CAMALDOLI, un rapporto millenario tra gestione e conservazione”; 3) “FONTE AVELLANA, dall’agricoltura medioevale alla moderna multifunzionalità rurale”; 4) NUOVO ATLANTE STORICOGEOGRAFICO CAMALDOLESE”. Mi permetto di sottolineare che la presenza di Fonte Avellana nel progetto è importante in quanto nel XIII secolo i monaci di quella Comunità, il cui Priore era S. Albertino da Montone, con lui affrontarono e denunciarono la condizione dei contadini definiti “servi della gleba”, affermando la loro dignità di Uomini e non Servi, e creando quel rapporto di lavoro che fu poi definito “mezzadria” e creatore delle “comunanze”. Perciò l’Avellana entra di diritto in questa cultura di attenzione al Territorio.
Proprio i quattro volumi citati hanno suscitato l’interesse dell’UNESCO per cui è nato il Progetto per il riconoscimento da parte dell’UNESCO dell’Etica Uomo/Ambiente camaldolese, sintetizzato in “Codice Forestale Camaldolese”, quale bene immateriale universale.
Questo patrimonio è ora oggetto di riflessione e di studio nelle Università di Ancona, di Urbino, di Napoli, e di vari Licei e Istituti. Sono in preparazione incontri in regioni quali la Toscana (Arezzo), l’Umbria (Perugia), l’Abruzzo (Ascoli).
Credo sia importante, nelle zone agroforestali prendere atto di una “inconsapevole eredità” di tecniche di gestione, di conservazione, di messa a dimora, di utilizzo, in una parola di rapporto oculato con l’ambiente e con quanto vive in esso, eredità di cui abbiamo urgente bisogno di essere consapevoli fruitori, pur nelle modificate modalità. Il Progetto UNESCO ha questa finalità e anche per questo oggi siamo qui. E a tutti voi ne sono riconoscente.